Recensione di Michele Di Donato per Il Pickwick

20 marzo 2016

¿HASTA CUÁNDO?

“Anche se siamo tutti, non siamo ancora tutti: ne mancano quarantatré”. Quarantatré è il numero di un’ossessione insoluta, di una verità urlata da tanti quanto più in pochi cercano di tenerla nascosta; quaratatré è un numero che quantifica e identifica una delle sconfitte di quella che ci si ostina a chiamare “civiltà”. […] La storia si ripete, ma la memoria si coltiva; l’arte se ne fa carico e diviene atto d’amore per la verità, azione civile di contrasto alla menzogna; l’arte, nella forma teatro, si trasforma, nel lavoro della compagnia Instabili Vaganti, in un affresco poetico che, senza indulgere affatto alla prosopopea da comizietto o alla facile retorica che s’autocompiaccia, di una storia brutta e ancora troppo oscura e poco nota costruisce partitura drammaturgica in cui il teatro e l’afflato civile si coniugano felicemente, senza che l’uno sia ancillare all’altro. A rendere valido l’esperimento è una concezione scenica che punta forte su una componente visiva che inserisce tre corpi in uno spazio in cui il fondale si anima di proiezioni video. Corpi, video, musica e voci concorrono a creare una messinscena di forte impatto emotivo, che intende tradurre la presenza come atto testimoniale, farsi cassa armonica di un grido di giustizia richiesta che possa raggiungere le coscienze; e, a livello empatico ed emotivo, Desaparecidos#43, questo scopo lo raggiunge; lo raggiunge attraverso un linguaggio fortemente evocativo, che in più passaggi della rappresentazione rapisce lo sguardo e sollecita il pensiero. […] Il valore intrinseco di un’opera come Desaparecidos#43 risiede soprattutto nella scelta espressiva con cui ci comunica una verità di cui non ha bisogno di convincerci; […] quel che ci tocca, più dell’atto di passione civile, è il gesto poetico che l’accompagna, che lo esplicita attraverso parole e gesti che compongono immagini in movimento, il cui simbolismo più riuscito ci appare nel progressivo spegnersi dei lumini che ad un tratto sono disposti in scena, mentre vengono sparpagliati petali di fiori, evocando vite spezzate e spente che sono però diventati semi da cui far rifiorire nuova vita, rinnovato senso di rivolta. […] “¿hasta cuándo?”, “fino a quando?”, fino a quando essere vivi dovrà ancora potersi considerare un atto sovversivo? Non c’è una risposta che Desaparecidos#43 abbia la presunzione di offrirci, c’è solo un afflato che ha voluto trasmetterci. Riuscendoci.