Recensione di Bjorn Gunnarsonn – Halland Posten

21 agosto 2012

La musica è combinata a proiezioni di immagini sul pavimento che seguono il ritmo dei i movimenti del corpo per generare una performance di teatro fisico che richiede un grande sforzo muscolare, di grande forza espressiva e intenso coinvolgimento. La scenografia consisteva solo in una scala, che ruotando si trasforma in una gabbia, ed un elmetto da saldatore. L’aspetto fisico è più che enfatizzato, il corpo acrobatico di Nicola Pianzola è spinto al limite, il lavoro è di grande maestria quando l’attore contemporaneamente fluttua correndo nell’aria, recitando i suoi versi, sorretto dalle sue braccia senza mai rimanere senza fiato. Il tema potrebbe essere stato scritto da Karl Marx: la mancanza di libertà del lavoratore industriale e l’alienazione come risultato della monotonia che abbruttisce, lo stress disumanizzato e la subordinazione sotto le richieste di efficienza. Lavorare, produrre! Questo è come il comandamento che diventa il ritornello. Come un moderno Sisifo, il lavoratore è schiavizzato dalla macchina e costretto alla ripetizione senza fine dello stesso schema. L’agitazione e la stressante richiesta sono così forti che l’uomo crolla. Il corpo è tormentato anche durante la notte e non riesce a dormire. Le suggestioni drammaturgiche da cui lo spettacolo trae ispirazione derivano dai lavoratori del settore siderurgico trasformate in teatro fisico da Instabili Vaganti. Lo scenario industriale è stato creato dall’accompagnamento di tastiere elettroniche con un mix di sonorità meccaniche e rimbombanti di suoni, rafforzato dalla canzone. La canzone fa un’impressione sacrale e qui rappresenta anche la scena di salvezza dove il tormentato ed esausto lavoratore vede la luce in alto. Se questo è religioso o no, non lo posso decidere, la mia comprensione della lingua italiana non è così avanzata. Ho scelto di vedere l’illuminazione come profana, come una speranza che dice che nessuno deve essere schiavo come in una “ruota da criceto” e che ognuno può liberare se stesso dall’etica dolorosa del lavoro e svilupparsi come individuo indipendente. Nonostante le lacune nella comprensione della lingua italiana, l’espressione della gestualità è così severa e forte che ne cogli lo spirito. Instabili Vaganti lascia parlare il corpo e il linguaggio del corpo è universale.
[articolo originale in lingua Svedese]