Intervista di Francesco Fravolini a Simona Frigerio

27 aprile 2019

TEATRO, LE NUOVE FRONTIERE A BOLOGNA CON PERFORMAZIONI 2019

Il teatro è un veicolo di comunicazione per denunciare i disagi sociali e testimoniare i diversi accadimenti quotidiani della società. È un’espressione culturale da valorizzare perché agevola i cittadini a comprendere le dinamiche sociali, politiche, economiche. La formazione teatrale, però, non è opportunamente adeguata ed entra nel dibattito del XXI secolo in maniera determinante. C’è una forte esigenza di promuovere attori e artisti che sappiano interpretare la realtà nei suoi aspetti più variegati. Cresce la necessità di dare maggiore spazio alle piccole compagnie teatrali ormai schiacciate dalla grande concorrenza. Serve una migliore organizzazione del settore con la quale aumentare l’importanza artistica e coinvolgere la popolazione. Con Simona Maria Frigerio, documentarista, giornalista, critica teatrale, cinematografica e d’arte, impegnata nei settori travel, moda ed entertainment, vogliamo discutere su questi argomenti per comprendere il ruolo futuro del teatro e della formazione.

La formazione teatrale come può migliorare il lavoro artistico?

‘Lo scambio e il dialogo sono sempre stati elementi fondanti del fare artistico, basti pensare alla felice stagione pittorica vissuta a Parigi tra i primi anni del secolo scorso e la Grande Guerra. La formazione, oggi, ha anche un valore aggiunto, quello di permettere, soprattutto ma non solo in ambito teatrale, dei percorsi di ricerca che, altrimenti, nell’attuale sistema di ripartizione del Fondo Unico dello Spettacolo, sarebbero vietati perché quando si privilegia la produzione bulimica e non necessaria, diventa impossibile concedersi un anno – se non due o anche tre – per costruire uno spettacolo o una performance’.

Quale percorso formativo puoi suggerire?

‘Esistono vari livelli e gradi. In Italia, purtroppo, non abbiamo percorsi coerenti teorico-pratici. A differenza, ad esempio, del mondo anglosassone, da una parte abbiamo l’università che forma storici e critici e, dall’altra, alcune scuole più o meno riconosciute, pensate per sviluppare percorsi attorali o registici. A ciò si somma la Riforma Berlinguer dell’Università che, moltiplicando le cattedre ha impoverito i saperi, suddividendo nuovamente il percorso tra discipline dello spettacolo e la Storia dell’arte con la A maiuscola, quella che un tempo si chiamava figurativa. Queste divisioni non hanno mai avuto senso ma oggi, in un’epoca in cui performing e performance art si passano continuamente il testimone, tutto ciò appare semplicemente ridicolo. Il consiglio è di allargare al massimo le proprie conoscenze e attingere a più saperi con curiosità’.

Le nuove generazioni come possono aggiornare le loro competenze?

‘Nel teatro una possibilità è costituita dai corsi di alta formazione tenuti da compagnie professioniste riconosciute. Qui occorre precisare che una cosa è l’amatoriale, ben altra il professionistico. Nessuno si farebbe operare da un medico che lo fa per hobby; non si capisce perché si dovrebbe pagare un biglietto per vedere recitare un impiegato. Nel convegno che si terrà a Bologna il 6 giugno prossimo, nell’ambito di “Performazioni 2019”, dialogheranno esperienze italiane e straniere e alcune compagnie, come Instabili Vaganti di Bologna (ideatori e organizzatori della manifestazione) e Teatro Akropolis di Genova, che da anni uniscono la formazione alla ricerca, producendo spettacoli che nascono proprio da questo scambio fecondo e che poi traducono, nei loro libri, in un pensiero teorico utile all’approfondimento’.

Il teatro è l’espressione della società interpretando spesso il clima sociale della popolazione. Come può rappresentare questo momento storico?

‘Parlerei di teatri, al plurale, perché le voci, i linguaggi, i mezzi utilizzati da ciascun artista possono essere anche molto diversi fra loro. Solo per citare qualche esempio, mi viene in mente Marco Chenevier che utilizza la danza, ma anche testi, interazione con il pubblico, momenti umoristici, per affrontare temi importanti quali la violenza e il livello di accettazione della stessa (come “Questo lavoro sull’arancia”) o la plastificazione estetica ed esteriore della nostra società egotistica (in “Saremo bellissimi e giovanissimi sempre”). Oppure penso a un autore (regista e attore) come Oscar De Summa che con “L’ospite, una questione privata” affronta il tema della sicurezza ma anche della violenza latente, del labile confine tra essere vittima e carnefice. C’è anche il lavoro straordinario realizzato dal Teatro dell’Orsa con richiedenti asilo e studenti liceali dal titolo “Argonauti”, uno spettacolo itinerante che ha invaso anche zone periferiche e degradate di Reggio Emilia, coinvolgendo trasversalmente giovani, anziani, bambini, italiani, migranti. Il teatro resta uno dei pochi spazi liberi dove una società può rispecchiarsi e riflettere’.

Teatro e musica sono espressioni artistiche. Come promuovere questa ricchezza culturale?

‘La formazione, spesso, diventa anche promozione. Coinvolgendo artisti o cittadini comuni si può promuovere non solamente il proprio lavoro ma l’idea stessa del valore del rito laico che è il teatro. Pensiamo al lavoro del Teatro delle Albe con i ragazzi, la sua non-scuola, che mette a contatto professionisti e teenager con lo scopo di rimettere in vita un testo (cito una bella espressione di Marco Martinelli), ossia di trovare l’aggancio tra la realtà vissuta dai giovani di oggi con le parole degli uomini e delle donne di ieri. È del tutto evidente che sarebbe utile anche un altro genere di promozione, la quale andrebbe esercitata da professionisti. Le piccole e medie compagnie faticano a trovare addetti stampa, senza dimenticare la distribuzione perché le economie sono scarse. Una risposta a questi inconvenienti potrebbe arrivare da alcune piattaforme di professionisti in parte finanziate da regioni e stato, che potrebbero mettere a disposizione delle compagnie il loro sapere a prezzi contenuti. Penso anche a professionisti in grado di costruire progetti validi per i bandi europei oppure di organizzare momenti d’incontro dove noi critici facciamo un passo indietro, dando la parola a chi fa veramente il mestiere del teatro. Ma i criteri per la distribuzione dei fondi dovrebbero essere davvero trasparenti e le capacità reali’.

Francesco Fravolini