Recensione di Michele Pascarella per Gagarin orbite culturali

9 Ottobre 2021

Colpi di scena: tradizione e rivoluzione.

[..] Teatro come finestra sul mondo: dichiaratamente ed esplicitamente l’approdo scenico del recente percorso creativo internazionale di Instabili Vaganti riattiva e rivisita forme e modalità di quel teatro politico che soprattutto qualche decennio fa ha (in)formato diversi artisti e Compagnie.
Per chiarezza: qui si intende il termine ‘politico’ nel senso originario e largo di qualcosa che concerne la polis tutta, la comunità, non nella accezione che riguarda solamente una sua circoscritta manifestazione. Il ‘teatro politico’ di Nicola Pianzola e Anna Dora Dorno si muove tra due polarità che il Novecento teatrale ha espresso con forza: ‘teatro con contenuti politici’ con finalità pedagogiche esplicite (da Piscator, a Brecht, a L’Istruttoria di Peter Weiss, a US di Peter Brook) e ‘uso politico del teatro’, quello che incarna in prima persona il cambiamento della relazione teatrale, l’attivazione dello spettatore, la dilatazione del fatto scenico oltre i suoi confini tradizionali (come ad esempio il ‘teatro a partecipazione’ di Giuliano Sciaba). Nel caso di Instabili Vaganti, riferendosi a questa seconda modalità, l’efficacia ‘rivoluzionaria’ – usiamo questo termine non senza esitazione – forse è data più dalla prospettiva pervicacemente interculturale e transculturale della loro ricerca che dal loro proclamare una specifica posizione ideale e ideologica sul mondo.

Interculturale: Lockdown Memory, questo il titolo, nasce dall’incontro-confronto di identità (personali, professionali, socio-antropologiche) differenti.
Transculturale: questo luogo di condivisione artistica “tende a superare i dati culturali di partenza e, se e in quanto produce esperienza reale, autentica, mette in questione le identità codificate, sia individuali che collettive, mirando, addirittura – a volte – a una certa oggettività, pre- o post-culturale, o più esattamente a un something third, un “qualcosa di terzo” che “non è né universale né culturale”.